Nuove linee guida per lo smart working nel settore privato in arrivo dal 1° gennaio 2022.
A stabilirlo è l’accordo che il 7 dicembre il Ministro del Lavoro Andrea Orlando ha sottoscritto con le Parti Sociali con il “Protocollo Nazionale sul lavoro in modalità agile” per la contrattazione collettiva, nazionale, aziendale e/o territoriale.
Alla luce dell’impiego sempre più diffuso dello smart working, o lavoro agile, durante la pandemia da Covid-19 e della disciplina legale prevista dalla Legge 81/2017, i sindacati dei lavoratori e dei datori di lavoro hanno raggiunto un accordo su alcuni principi fondamentali che, dal 1° gennaio 2022, definiranno un nuovo quadro normativo.
Accordo delle parti, fasce orarie, diritto alla disconnessione e alla sicurezza. Capisaldi non derogabili, in grado di offrire tutele sia ai lavoratori sia ai datori di lavoro, per adattare il più possibile la disciplina legale alle esigenze lavorative effettive, e accorciare le distanze tra lavoro in presenza e lavoro agile.
Vediamo in termini operativi cosa cambierà a partire dal 1° gennaio 2022 per lo smart working nel settore privato.
Smart working: cosa cambia per i lavoratori del privato dal 1° gennaio 2022. L’accordo delle parti
La cornice strutturale all’interno della quale si organizzerà la contrattazione collettiva è fondata sull’accordo delle parti.
L’articolo 1 comma 2 del Protocollo stabilisce infatti che la modalità smart working sarà fruibile su base volontaria, attraverso la sottoscrizione di un accordo individuale che preveda il diritto di recesso.
Come già stabilito negli articoli 19 e 21 della legge n. 81/2017, il contenuto minimo dell’accordo deve prevedere:
- la durata dell’accordo;
- l’alternanza tra i periodi di lavoro all’interno e all’esterno dei locali aziendali;
- i luoghi eventualmente esclusi per lo svolgimento della prestazione lavorativa esterna ai locali aziendali;
- le modalità di esercizio del potere direttivo del datore di lavoro, e le condotte del dipendente passibili di sanzioni disciplinari;
- gli strumenti di lavoro;
- i tempi di riposo del lavoratore e le misure che ne assicurano la disconnessione;
- le forme e le modalità di controllo della prestazione lavorativa all’esterno dei locali aziendali;
- l’attività formativa eventualmente necessaria per lo svolgimento della prestazione di lavoro in modalità agile;
- le forme e le modalità di esercizio dei diritti sindacali.
Come naturale corollario al principio dell’accordo delle parti, il lavoratore può rifiutarsi di svolgere la propria prestazione in smart working, e questa circostanza non costituisce né giusta causa né giustificato motivo di licenziamento, né tantomeno rileva sul piano disciplinare.
Smart working: addio all’orario determinato e agli straordinari. Flessibilità significa fasce orarie e diritto alla disconnessione
Al fine di rendere effettivamente agile l’esecuzione del lavoro, il Protocollo sullo smart working non individua un orario determinato, bensì delle fasce orarie, incompatibili con la nozione di straordinario: non cambiano gli obiettivi prefissati del lavoro, ma il dipendente può raggiungerli con maggiore autonomia, nel rispetto del proprio ruolo nell’organizzazione aziendale.
A bilanciare questa flessibilità oraria c’è l’individuazione necessaria di una fascia di disconnessione, durante la quale il lavoratore ha diritto al riposo, e a spegnere i device grazie ai quali eroga la sua prestazione lavorativa.
Stessa cosa vale nel caso di ferie, permessi retribuiti, malattia e altre assenze legittime: per disconnessione si intende infatti che il dipendente può prendere in carico le comunicazioni lavorative solo nei giorni e nelle fasce orarie predeterminate con il datore.